La caratteristica fondamentale della psicosi è la perdita di contatto con la realtà, che viene avvertita dal paziente come inaffrontabile.
Chi soffre di psicosi rifiuta inconsciamente la realtà condivisa, se ne ritira, si chiude ad essa e può costruirsene un’altra.
Se gli appare insostenibile fare i conti con la propria realtà di essere umano con dei limiti, il paziente con psicosi può arrivare a costruire un delirio di onnipotenza, fino a convincersi di essere dio. Si intuisce facilmente il carattere tranquillizzante di queste realtà deliranti, la loro funzione di difesa nei confronti dell’angoscia che si può avvertire nel fare i conti con la realtà.
L’altro aspetto delle psicosi, è che nella maggioranza dei casi, il soggetto non ha consapevolezza del suo disturbo, proprio perché confonde la fantasia con la realtà.
Quindi, mentre il nevrotico è nelle condizioni di potersi far carico di una richiesta di aiuto, lo psicotico non può, e spesso sono i familiari a rivolgersi allo psichiatra essendo preoccupati per la stranezza del loro congiunto. In questi casi, quando la richiesta di aiuto proviene da altri, è difficile se non impossibile avviare una cura di psicoterapia psicoanalitica, perché in analisi la richiesta di aiuto deve essere fatta in prima persona.
Se tuttavia la situazione viene affrontata con delicatezza, si può riuscire a stabilire un legame di fiducia col paziente, ed è possibile che col tempo nel paziente possa maturare una maggiore consapevolezza del proprio disturbo e manifestarsi la motivazione per affrontare una psicoterapia.
La terapia delle psicosi è nella maggior parte dei casi di tipo farmacologico, ma questo non esclude la psicoterapia, anzi a volte è proprio la terapia farmacologica a predisporre il paziente alla fiducia e alla motivazione per altre prospettive di cura, tali da permettere contemporaneamente un lavoro sulle cause, e non solo sui sintomi.